Un amico ‘puttaniere’

27/11/2009

Ho un amico puttaniere.  Strano caso, lui non sa di esserlo. Non lo sospetta neppure.

E’ semiinvalido dalla nascita e l’invalidità progredisce. In aggiunta non è un Adone né un Creso. (Vi stupirete nel sapere che è stato sempre scarso di gnocca?).

Ma un paio di anni fa incontrò una moldava, moltissimo più giovane. Messisi insieme e quella rimasta incinta, si sposarono. Ce l’aveva fatta: un senso alla vita.

Nata la figlia, girava in città con la famigliola come l’uomo più felice del mondo. Non camminava più, ma, come direbbero i poeti, si librava negli empirei cieli della felicità.

A vederlo  il cuore  si allargava. O meglio, si sarebbe allargato, non fosse stato per la  certezza newtoniana che, prima o poi,  sarebbe precipitato verticalmente sul granito.  Questione di tempo.

E quel tempo è arrivato. Con precisione svizzera.

Passati due anni lei ha chiesto il divorzio. E’ andata da un superavvocato (tanto, paga lo Stato…)  e ha allegato alla pratica l’immancabile denuncia per abusi. Violenza sessuale. Si terrà la figlia, la casa e 400/500 eudollari. EEuro magari – nostalgia della patria (e chi non ce l’ha?) – tornerà in Moldavia affittando l’appartamento.  E con mille eudollari, in Moldavia, non  sarà una brutta vita. Per una ventina d’anni. Poi lui avrà la liquidazione e così qualcos’altro si aggiungerà all’incasso, magari il 40%. Lasciamo stare la reversibilità della pensione. Son tempi incerti su quel tema.

E lui? Beh, …con i 6/700 che gli restano si pagherà un affitto e tirerà avanti per un ventennio, o forse per sempre.  Fin qui tutto normale. Milioni come lui.  Un altro tassello della Grande Vendetta è andato al suo posto. La nuova, giusta e santa Ritorsione Planetaria ha conquistato un altro punto. Giustizia è fatta.

Senonché,  mi accorgo che manca un dettaglio, c’è qualcosa che mi sfugge. Poi – Deo gratias! – una filosofica illuminazione: pagherà per il sesso, pagherà gli orgasmi.  E’ quindi è un puttaniere.

Così anche quella creatura candida ed ingenua, anche quel Paolino che mai si sarebbe abbassato a commerciare un saluto, un riconoscimento, un sorriso, anche lui è un puttaniere. Io non lo sapevo e lui, del tutto, ancora non lo sa. Non se l’è detto. Io non glielo dirò.

Voi glielo direste?

RDV


Il Signore della lucidità

24/11/2009

Con il suo commento troppo lusinghiero, Ventiluglio ha titillato la mia vanità. Così, anche con il fine di nascondere il rossore che me ne deriva, metto on line il mio omaggio al vero maestro universale della trasparenza e del distacco.

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Omaggio a E. M. Cioran

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L’opera di Cioran è conosciuta da pochi. Ciò prova ancora una volta che la genialità non è sufficiente ad assicurare né fama né notorietà.

Ma la sua immortalità è garantita perché egli appartiene di diritto al tempo che verrà e potrà essere  apprezzato da un maggior numero di uomini solamente tra alcuni secoli.

In lui matura un avvenimento epocale: il distacco definitivo della coscienza dal mondo. Coscienza che è maledizione e liberazione al tempo stesso e che ci lancia nello spazio trasparente  (gelido ma  inebriante) della lucidità cristallina.

Dopo di lui, ogni fede, ogni slancio, ogni azione, ogni gesto appaiono nudi Cioran2nella loro disarmante ingenuità. Non è più possibile aderire ad alcunché senza tradire se stessi, senza mentirsi e mentire. Attraverso una cascata senza fine di fulminanti paradossi, in una pirotecnica parodia del reale e dell’immaginario, ha disossato il nostro rapporto con il mondo. Con lui abbiamo capito che non vi è differenza tra alzare un braccio e fondare un impero: in entrambi i casi cediamo all’infeudamento al mondo e affondiamo nella palude degli inganni. Non c’è differenza.

Uomo dalla trasparenza siderea ci ha regalato un inesauribile caleidoscopio di iperboli dissacranti. Ma quando ci par di cadere da quelle vertigini sul granito del nulla, immediatamente prima dello schianto, ci raccoglie e ci salva. Nuove avventure della lucidità e della trasparenza ci riportano in alto a contemplare il miracolo della distanza dagli Esseri e dalla Storia.

La sua lezione suggella la fine di millenarie illusioni. Di fronte a lui persino Nietzsche fa sorridere con i suoi infantili slanci profetici.

Da dove viene dunque quest’uomo? Dalle epoche future, quando il mondo apparirà a ciascuno nella sua splendida e terribile nudità: un nulla incantato. Spettacolo finale che l’ipercoscienza offrirà ai traslucidi dei secoli a venire, di cui è antesignano.

Intanto noi beneficiamo del suo dono e leggiamo le mirabili, terapeutiche pagine che la sua insonnia ci ha regalato.

Ora, se ha senso che un popolo si inorgoglisca per l’opera dei suoi figli, certo i romeni possono andar fieri di questo genio.  Ma, ahimè! scopro che non tutti i suoi connazionali lo conoscono. Orrore! Si provveda dunque laggiù con misure draconiane.  Si minacci la confisca dei beni, una qualche mutilazione o almeno il capestro a quei romeni che di lui non sanno nulla! Si agisca con urgenza!

Quanto a me, se cattiva sorte non lo impedirà, mi vedrete, un giorno, umile e felice pellegrino sulle strade di Rasinari, rendere omaggio alla piccola grande patria di questo Gigante.

RDV


Il perdono: sentenza capitale

20/11/2009

Sin dalle prime righe lanciate in rete nel 1998 ho affermato, senza mezzi termini, che i maschi nascono colpevoli, che lo sono per quel semplice fatto, che vengono accolti nel mondo sotto il segno della colpa, che sono accusati nella culla di un crimine planetario imperdonabile.

ManetteTrovavo (e trovo) del tutto ragionevole che simili affermazioni suonino deliranti. Ci mancherebbe:  parvero tali anche a me, mentre le digitavo.  Adesso “scopro” che forse non lo erano.

In un dialogo tra Barbara Mapelli e Claudio Vedovati (di Maschileplurale) su http://www.libreriadelledonne.it, la femminista finalmente offre agli uomini il perdono. Nientemeno. E lo offre proprio perché la colpa maschile è imperdonabile.

Così la Barbara:

“…()… ma io ho avuto in mente, da subito, la traduzione e la trasposizione di quanto leggevo nella storia, di millenni, del dominio maschile sulle donne. Anch’esso un imperdonabile. E mi sono intestardita sul perdono, nonostante l’evidente fastidio di alcuni e alcune del nostro gruppo.

…()… Si deve perdonare, dicevo, ciò che in realtà è imperdonabile, perché il perdono deve avvenire là dove il male è stato così grande che non esistono altre possibilità di superarlo, là dove non vi può essere alcuna forma di giustizia che possa ristabilire equilibrio ed equità, riparazione. Quale giustizia può sanare i secoli, i millenni di dominio degli uomini sulle donne, con tutto quello che hanno significato?”

Il perdono dunque, questo ancora mancava.

Ultimo tassello della sottomissione psicologica dei maschi per la cattura integrale della loro anima e l’ammanettamento dell’intero Genere.

Il perdono: terminale beffarda condanna, estremo verdetto di inferiorità Ghigliottinamorale. Soccorrevole abbraccio, ultima seduzione per la capitolazione finale.

Un magistrale intervento di psicochirurgia in corpore vili per eseguirvi la sentenza capitale sul diritto maschile ad esistere.

Dio abbia pietà di colui che si farà perdonare.

RDV


Una grande avventura

14/11/2009
Si crede di vivere qui...

Da questo mondo…

E’ una grande avventura avvicinarsi a quella novità storica che è il conflitto tra i sessi.

Si ha l’opportunità di viaggiare in uno straordinario continente, la cui esistenza sembra impossibile.

Quel che si vede quando ci si approda lascia esterrefatti. Creature nebulari dalle forme mutevoli, entità  chimeriche,  panorami abissali, scenari sconvolgenti.

Là la gravità è repulsiva, il tempo  va avanti e indietro a piacer suo. Lo spazio si deforma e si contorce  a capriccio. Là tutto soggiace a  leggi e a ritmi arcani e insondabili e tutto ondeggia nella danza del Grande Caos. Sarebbe un mondo da favola, se non fosse da incubo, giacché anche il caos ha le sue leggi. Leggi ferre. Ai polsi e alle caviglie.

Un diverso psicouniverso.

Non c’è branca delle scienze umane che, usata, non permetta di raccogliervi tesori di novità, messi di insospettate meraviglie di ciò che la psiche collettiva, in Occidente,  è riuscita a creare. Ma prima dello sconcerto e  dell’orrore, prevale sempre lo stupore: come è stato possibile? come è potuto accadere?

Ci attendeva un continente. L’abbiamo percorso in lungo e in largo e alla fine abbiamo capito: non è di questa Terra. Abbiamo capito che, sinora, non vivevamo in questo mondo, ma in un altro. Non qui, ma altrove.

...all'altro

…all’altro

Chi ha peregrinato nel conflitto dei sessi lo sa, chi si accinge a farlo lo scoprirà. Non sulla Terra nella Via Lattea, ma su Deformia, in un’altra galassia: è là che vive l’Occidente.

Scoprirlo è stata un’avventura senza precedenti.

RDV


Il ‘valore’ del disoccupato

10/11/2009

Una donna in carriera scrive alla Bossi-Fedrigotti del marito neodisoccupato (Forum IBF sul Corriere – fine ott. 09). Dice che sta in casa ed è infelice. Si angoscia per l’immagine di sé che gli par di dare ai figli. E’ in imbarazzo con parenti e amici. Basta un’innocua domanda per metterlo in crisi. Scrive poi che cerca di dargli forza, sostenendo che “il valore di un uomo non deve stare nello stipendio, ma in quello che è come persona.”

La Fedrigotti risponde che quella reazione negativa dipende dalla persistente cultura dei secoli trascorsi in cui il maschio si vedeva come la “guida”. E così, quando perde quel ruolo va in “crisi profondissima”.

Ho postato in quel forum le seguenti considerazioni. Che qualcuno definì “da incubo”.  Eccolo qua l’incubo.

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L’indipendenza economica femminile è alla base della parità perché quando dipende dal reddito del marito la donna è sottomessa. Verità fondamentale che nessuno osa negare. Neppure i maschilisti.

DisoccupatiQuando però questo tocca al marito, allora il suo percepirsi inutile e in stato di inferiorità, il suo disorientamento e la sua depressione incipiente li assegniamo al maschilismo di cui è “intriso”.

La donna che perde il lavoro teme – e prova – la perdita dell’autonomia. All’uomo che teme – e prova – la stessa cosa, diciamo che non deve provarla. Se non ci ascolta e continua a provarla, vuol dire che è maschilista.

Si dice che la persona vale per quel che è, non per quel che produce. Altissimo ideale.

Ma le donne non sposano disoccupati. Dal marito si aspettano un reddito. Nessun uomo invece si aspetta quello, ma sesso e manutenzione.

Cosa potrà porre sul piatto della bilancia il disoccupato, già dipendente sessualmente? Ad una dipendenza sommerà l’altra. Il minimo che può fare è rinunciare al sesso. Se non ci pensa da solo,  provvederà l’inconscio facendolo diventare impotente. E infatti è quello che accade.

Le donne valgono per ciò che hanno, il corpo, gli uomini per ciò che fanno. Una donna che non produce non perde valore. Un uomo che non produce nulla non vale niente.

Un disoccupato (che nessuna vuole) è l’equivalente di una sfregiata (che nessuno desidera). Ecco qua una verità eterna. L’amore si fonda sul reciproco bisogno. Finito il bisogno, finito l’amore.

Sarebbe bello se il mondo fosse diverso da come è. Invece è come è.

Rendo onore alle sofferenze dei mariti disoccupati che sentono di non valere più nulla. E’ la verità.

RDV


Il male x 1000

09/11/2009

Sul Corriere del 24 agosto 2008, si legge un intervento di Claudio Magris titolato “Il gusto dei massacri gonfiati”.  Là egli registra e biasima duramente la consolidata prassi (attivata da gruppi, etnie, razze, religioni, partiti, stati etc.) di gonfiare le cifre dei delitti patiti sino all’inverosimile, sforando senza scrupoli e senza tema del ridicolo (e della smentita) il limite del possibile e dell’immaginabile.

Massacri3

Prende spunto da letture adolescenziali nelle quali il numero dei cristiani eliminati dagli imperatori romani era gonfiato a dismisura sino a raggiungere i milioni di morti, e commenta:

“Quel che colpiva già allora, in quell’opuscolo, era la palese soddisfazione con la quale l’autore faceva queste cifre abnormi; si capiva che era, più o meno incosciamente, contento che quei martiri fossero tanti, e che sarebbe stato quasi dispiaciuto se fossero stati pochi, perché un numero più modesto avrebbe indebolito la forza della denuncia e reso più modesto il conto da presentare ai colpevoli, ovvero ai loro lontani discendenti”. … “Da alcuni anni un atteggimento simile dilaga … ed è sempre più intollerabile nella sua velenosa e blasfema utilizzazione a fini politici, dei morti e delle vittime di tragici e bestiali massacri. A seconda della posizione ideologica di chi parla, si aggiunge con disinvoltura uno zero alle cifre dei caduti per mano fascista o comunista…”.

Aggiunge poi altri esempi: gli zingari, i kukali, i neri, gli indios etc. e prosegue: “E’ un atteggiamento stupido e malvagio, un fazioso risentimento, bramoso di rimettere in moto quel meccanismo di odio e di morte”.

Analisi encomiabile, benché ne resti fuori il conflitto dei sessi, cui egli neppure fa cenno. Eppure, nel caso di questa guerra, alle cifre dei delitti maschili vengono aggiunti non uno, ma due o anche tre zeri, fino a che cento diventa centomila.

Quel che conta qui è ovviamente l’effetto/scopo del processo: quello indicato da Magris, benché da lui riferito ad altri conflitti: mettere in moto le dinamiche dell’odio contro le generazioni presenti e future del gruppo “colpevole”.

In questo senso allora non si può più parlare di un procedimento stupido o di un errore, ma di un efficacissimo strumento.

La vittimizzazione (con la correlata criminalizzazione del “nemico”) non è un processo innocuo, una stupidata: è un’arma.

Nelle relazioni tra i sessi però, il processo è assai più efficace che in ogni altro, in forza dei profondissimi intrecci e legami psicoemotivi che intercorrono tra i Due fin dai primordi della vita individuale e della stessa specie umana. E proprio qui, nella dimensione ipersensibile a quelle dinamiche, proprio qui le cifre esplodono e il processo diventa universale.

Il male moltiplicato per mille ha uno scopo.  Inconfessabile.

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“La violenza maschile è la prima causa di morte per le donne!”
140 contro 280.000
“Muoiono più donne per mano maschile che per qualsiasi altra causa nella fascia 15-59!”:
105 contro 18.700
“Ne uccidono di più i maschi che il cancro!”
140 contro 70.000
“Ne muoiono più per la violenza domestica che qualsiasi altra causa!”
90 contro 280.000
“Ne uccidono di più i maschi che non il cancro nella fascia 15-59!”
105 contro 12.300
“Ne uccide più l’ “amore” del tumore!”
90 contro 70.000

RDV


Dieci anni di Maschiselvatici

06/11/2009

UomoverdeMSIn queste settimane, 10 anni fa, veniva pubblicato il portale del movimento Maschiselvatici.

Apparivano così in rete un’interpretazione della condizione maschile contemporanea e l’indicazione di un percorso di risanamento psicologico del tutto inediti in Italia.

Nel solco della visione di Claudio Risé, veniva aperta una finestra sul mondo rimosso degli istinti, sulla vitalità primigenia che sta al fondo della nostra energia, sulla fonte naturale della nostra forza vitale.

Il percepito e denunciato declino della vitalità maschile, veniva esplicitamente associato all’interminabile processo di civilizzazione cui la nostra civiltà sta andando incontro. Veniva così riaperto il dilemma universale del rapporto tra Civiltà (Kultur, di polarità maschile) e Civilizzazione (Zivilisation, di polarità femminile) non più come tema accademico, ma come questione sociale di dimensioni bicontinentali nei suoi effetti pubblici e privati. Non veniva posta in discussione la Civilizzazione in quanto tale, ma il suo espandersi senza fine nella “società delle buone maniere” con la sua deriva repressiva e castrante.

Il nome stesso del movimento,  le immagini, le metafore, i miti e i racconti proposti ci rimandavano finalmente all’età di Enkidu, l’anima selvatica di Gilgamesh, che dal mondo silvestre entrava nella città e nella civiltà senza perdere, ma trasformando (strutturando) la sua forza-energia.

Noi oggi non possiamo essere l’ingenuo e naturalistico Enkidu, precivile e prepolitico, preconcettuale e preideologico, premorale e – necessariamente – pagano. Ma non  possiamo negare di averlo dentro di noi. Se lo facciamo, ci ammaliamo collettivamente e individualmente.

Il valore della proposta di cui MS fu pioniere ed è portavoce risiede, a mio parere, nel recupero e nella salvaguardia di questa primaria e originale indicazione.

RDV