Scusa la domanda (è semplice curiosità), ma tu sei un professore, uno scrittore o cosa? E Misterxy? Di cosa si occupa?
^^^^^^^
Caro Andrea, nel dettaglio ti risponderò con un MP, ma ne prendo volentieri spunto per commentarla, in quanto la tua domanda solleva un’ interessante questione.
Da dove vengono, quali professioni esercitano, che storia hanno alle spalle gli attivisti del Momas? Qual è il loro retroterra culturale? Che studi hanno compiuto, insomma, chi sono? C’è tra loro un tratto comune?
La vastità e la profondità dell’ elaborazione intellettuale che l’insieme del Momas ha prodotto (e sta producendo), l’ampiezza delle conoscenze che vi sono state riversate e che ogni giorno vi si manifestano, inducono a pensare che in buona parte gli attivisti siano degli intellettuali di professione (come si usa dire): insegnanti, docenti universitari, scrittori, ricercatori, formatori in aziende private, psicologi etc.. Ipotesi giustificata, ma in questo caso depistante.
Non che manchino del tutto psicoterapeuti, insegnanti, avvocati, ma la loro presenza è marginale (e defilata). Il corpo grosso del Momas è infatti costituito da uomini che hanno coltivato interessi culturali che erano e sono laterali ed estranei rispetto alla loro professione.
Il fatto è che – per fortuna – dediti a studio e riflessione quotidiana, alla costante osservazione dei fatti sociali, alla cura della memoria, non sono solamente gli intellettuali di professione, ma moltissimi altri, ignoti e oscuri. E’ da questo giacimento sociale che, in sostanza, provengono gli uomini del Momas, non solo quelli del nucleo storico, ma anche, per quanto mi è dato di capire (è chiaro che non tutti fanno “outing” ) anche le nuove leve e i debuttanti.
Vi si trovano dunque coloro che non ci si aspetterebbe di trovare, mentre – e qui è il busillis – mancano quelli che dovrebbero esserci. Quelli che, per così dire, ne avrebbero l’obbligo istituzionale.
Si potrebbe dire di loro quel che Fermi disse degli extraterrestri: “Se davvero esistono, dove sono?”. Ossia, se esistono, perché non si fanno vedere?
Nel nostro caso la risposta è agevole: perché non possono. Gli intellettuali di professione – proprio perché tali – non possono combattere la battaglia della QM e prima ancora, sono impediti di vederla, pensarla, immaginarla.
Si potrebbe approfondire l’intrigante questione, ma a risolvere l’enigma vengono tutti gli esempi storici delle grandi trasformazioni culturali e politiche: nessuna di esse è mai nata nelle università, nei centri studi, nelle istituzioni consolidate. Per non andar lontani, il femminismo stesso non è nato nelle austere aule universitarie, vi è entrato dopo.
L’Accademia è sterile.
Lo spirito creativo, le idee matte (nel bene e nel male) stanno comunque fuori dalle severe colonne della cultura e dei saperi istituzionalizzati, dimora delle conoscenze “legittime”, del pensiero “compatibile”, della trasgressività limitata, là dove vagano – eruditi sì, ma guardinghi – spiriti cristallizzati in anime esangui.
Come nel passato, la libertà feconda sta altrove: vive e combatte nel mondo.
RDV