E’ sicuro: questa volta Dio non è con noi
“Femminicidio” è un termine della guerra dei sessi con il quale si intende rappresentare la condizione femminile come quella di una partizione umana contro cui è in corso l’eliminazione fisica di massa, (operazione generata dall’odio maschile) esso non significa altro infatti che “genocidio delle donne”. Termine vecchio di 20 anni e rimasto latente (noto solo agli addetti ai lavori, al pari di gendercide e di ginecidio, in quanto impresentabili in società) sino a quando il livello della lotta contro gli uomini ne ha consentito l’emersione, sino a quando l’avanzata della criminalizzazione antimaschile ha creato l’ambiente “morale” adeguato nel quale ha acquisito cittadinanza. Esso descrive la realtà come è utile al femminismo, criminalizzando gli uomini e presentando le donne sotto il dominio della ferocia maschile e in quotidiano-universale pericolo di vita. Una riproposizione in forme insuperabili delle equazioni: maschi=carnefici / femmine=vittime. L’arma letale della guerra antimaschile che si svolge tutta sul piano psicologico-morale.
Questa rappresentazione della realtà (che è invece fondata sulla condizione opposta: maschio=colui che ti salva) ha un “addentellato” e trova un mirabile pretesto nel numero delle femmine assassinate dai maschi in Italia: 120/140 ogni anno. Delitti nei quali questi opererebbero come sicari in nome e per conto di tutti gli altri, i mandanti. Tale numero viene descritto in crescita negli anni (il che è falso) e ne viene propagandata l’eccezionalità planetaria (“Italia leader mondiale del femminicidio”) che è ancora più falsa e nel contempo ne viene denunciata la “vera” causa: i maschi ammazzano perché non tollerano la nuova libertà, indipendenza, autodeterminazione femminile: perché le schiave si stanno liberando (e/o si sono già liberate). Questi delitti avvengono quasi totalmente nel contesto delle relazioni famigliari dove la questione dello smutandamento non c’entra nulla e con la sicura rovina degli autori, che non ne escono mai impuniti. Nessuno scampa alla pena. Anzi, nella metà dei casi gli interessati emettono la sentenza capitale contro se stessi e la eseguono all’istante.
Di fronte a questi fatti interviene un nuovo “paladino” della QM, don Piero Corsi, con un manifesto nel quale la sola cosa che conta è il titolo: «Le donne e il femminicidio, facciano sana autocritica. Quante volte provocano?».
Qui solo il titolo conta, giacché quel che era riportato in calce poteva essere una pagina dell’elenco telefonico, mezzo trattato di chimica o la lista spesa di nonna papera senza che nulla mutasse. Assolutamente irrilevante. Dice dunque quello sciagurato: (1) il femminicidio esiste davvero e (2) è causato dallo smutandamento.
Questo è il significato reale, fattuale, sociale e storico della sua demenziale uscita. Non quello che lui “intendeva fosse” né quello che da esegeti ed epigrafisti si può attribuire al testo o al contesto o alle intenzioni o ai rimandi o nella pagine della sua fonte (Pontifex-roma). La sola cosa che conta è ciò che inevitabilmente, necessariamente, ovviamente sarebbe stata colta: il significato delle affermazioni (criminogene) di quel titolo. E così è stato.
Affermazioni criminogene (antimaschili) perché accreditano e certificano l’esistenza del “femminicidio” che trova così conferma finale, inoppugnabile: se persino un “nemico” del femminismo giura che il “femminicidio” esiste vuol dire che è vero. Avete obiezioni?
Affermazioni criminogene (antimaschili) perché accreditano e certificano l’esistenza di una relazione tra il nudismo femminile e gli omicidi domestici, depistando radicalmente rispetto alle cause di queste tragedie, con le quali lo smutandamento non ha nulla a che vedere.
Affermazioni criminogene (antimaschili) perché accreditano e certificano l’esistenza di uomini che vogliono giustificare i delitti antifemminili mentre non giustificano mai alcun altro delitto con il comportamento della vittima: tesi femminista che esce così confermata, corroborata e suggellata. Con l’imprimatur.
I danni provocati da queste uscite irrazionali, demenziali e criminogene sono incalcolabili. Una manna per il femminismo e per la lotta antimaschile (come infatti si vede), un disastro per le ragioni maschili, per il movimento maschile e per tutti gli uomini. Se il delirio di don Corsi è stato ripreso – come fu e non poteva non essere – è perché era un ordigno antimaschile: ed infatti è esploso.
Don Corsi: quinta colonna del femminismo.
Sta scritto: “Dio rende ciechi coloro che vuol perdere”.
Se è così, ridiventa vero il primo annuncio che fu di U3000: “Questa volta Dio non è con noi!”
Certamente non lo sono i suoi rappresentanti in Terra, giacché quello stesso giorno il Patriarca di Venezia insegnò che “…la salvezza viene dalla Donna”.
Eloi Eloi, lamma sabactani?!
Rino DV