
Un nucleo di attivisti del Momas ha accolto l’invito della Call di Unigenova lanciata per suo mezzo dalla rivista AG About Gender, fatto di cui dà conto integralmente oggi il portale de La Fionda al quale rimando direttamente.
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Al riguardo sottolineo qui il tratto fondamentale delle obiezioni mosse al documento (di cui sono primo firmatario). In esse si fa notare che gli uomini di Androsfera non sono titolati a parlare di questa piccola galassia in quanto ne sono parte integrante, ciò sulla base del principio secondo cui chi è oggetto dell’analisi non può esserne anche l’analista, l’osservato non può pretendere di osservare se stesso. Una tesi epistemologicamente sostenibile. Senonché presuppone che i nostri potenziali interlocutori, i redattori, i revisori delle riviste di Gender Studies, i componenti dei relativi dipartimenti etc. si collochino fuori dalle dinamiche sociali e precisamente da quelle relative al conflitto dei sessi.
Benché l’esistenza stessa di quegli studi, delle strutture che li perseguono, degli organi che li elaborano, delle agenzie che li diffondono abbiano la loro ragione d’essere (e la loro origine storica, fattuale) precisamente in esso conflitto promosso dal femminismo, ossia da un racconto che di parte è di necessità e che di tale parzialità fa il suo carattere essenziale.
La pretesa di imparzialità è dunque autocontraddittoria e sarebbe ridicola se non fosse tragica nelle sue conseguenze, perché la presunzione di oggettività del punto di vista femminil-femminista è parte integrante di quel racconto unilaterale che non ammette, perché non può, alcun contraddittorio. Ogni ortodossia non può ammettere …eresie perché si considera, si definisce, si pensa sempre e ovunque come oggettiva. Vera, indiscutibile.
Nossignori, voi non siete in tribuna e men che meno in campo col fischietto o alla Var. Voi siete schierati, come lo siamo noi.
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La tribuna è vuota e non ci sono arbitri.