La negazione delle differenze ormonali F/M ha lo scopo di:
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– legittimare la negazione dei bisogni maschili.
– motivare la legislazione punitiva antimaschile contro il sesso a pagamento esplicito (i c.d. “puttanieri”).
– fondare il diritto delle DD all’imposizione della continenza a vita a danno dei partner.
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La negazione della disparità implica che il sesso buono, giusto e bello (il se, il quanto, il quando, il come, il dove…) è quello che va bene a lei.
Se le va bene.
Se invece non le va…
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Meno sesso per le DD? Sì, certamente!
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L’articolo linkato descrive quasi perfettamente le differenze. Per negarle, ovviamente.
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Tuttavia è così ben articolato e circostanziato che possiamo ringraziarne l’autrice.
Grazie: viene descritta molto bene la differenza quasi abissale tra la pulsione sessuale di M e quella di F.
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Tra l’armata imperiosa e gagliarda degli ormoni maschili e l’anemico, indolente drappello di quelli femminili.
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Grazie ancora.
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(Certo, per non depistare, la differenza va letta per quel che è: per gli UU il sesso è lo scopo, per le DD uno strumento).
Tanto per dire: mio figlio ha quindici anni e mezzo e se ne è già trombate due, PROPRIO perché è partito dal presupposto che loro ne hanno meno voglia ed è lui che deve prendere l’iniziativa, stimolare, fare tutto il lavoro…
Altro che Randone…se uno da’ retta a una sessuologa femmina (che è un po’ come un esperto di ristoranti che sia convinto VEGANO: molto limitato nella scelta, per quanto bravo nel campo non potrà mai valutare la grande maggioranza dei ristoranti, per partito preso) non solo a 15-16 anni DI SICURO non avrebbe ancora battuto chiodo, ma neppure arrivato a 18 o persino 20 avrebbe ancora concluso niente…
Caro Rino,
avevo scritto anche un altro post.
Ciao.
Ecco fatto. Dei tre che hai inviato uno era da approvare, uno è apparso da solo (questo sopra, come dovrebbe essere sempre nel tuo caso) ed uno era da approvare attraverso email. Mah…
A proposito di femministe ormai settantasettenni…
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D la Repubblica delle Donne; 4-10 marzo 1997 n.40
Questioni erotiche di Shere Hite
Macchine perfette per il sesso
Quanti luoghi comuni, ancora oggi, sul corpo femminile.
Meno “potente” di quello maschile, inadatto all’erotismo…
invece siamo fatte per godere. Come e più degli uomini.
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Sono in molti a pensare che l’organo sessuale femminile (il clitoride)
sia più piccolo di quello maschile. L’origine di questa falsa convinzione
è da ricercarsi nel fatto che il clitoride è per buona parte interno, mentre
il pene è esterno e aumenta le proprie dimensioni durante l’eccitamento.
In realtà anche il clitoride durante questa fase si dilata in maniera analoga,
ma risulta meno visibile perché la maggior parte di esso resta nascosto
nel corpo femminile.
L’anatomia sessuale dell’essere umano nasconde ancora innumerevoli
segreti. E’ stato a cavallo tra gli anni ’60 e i ’70, del resto, che la scienza
ha cominciato ad occuparsi seriamente dell’argomento, e la strada da
percorrere è tutt’altro che breve. La mancanza di studi concreti sulla
conformazione anatomica interna della donna ha fatto sì che per tutto il
XX secolo molti, Freud compreso, ritenessero che l’organo e l’orgasmo
maschile fossero più grossi, più potenti, più rapidi, eccetera. Ciò che nessuno
ancora sapeva è che le donne possiedono, all’interno del proprio corpo,
la medesima quantità di tessuto che gli uomini hanno all’esterno, una complessa
struttura che aumenta di volume e dimensioni esattamente come il pene che,
riempendosi di sangue, si inturgidisce. In altre parole, la struttura clitoridea
interna al corpo femminile è grande né più né meno come il pene e si dilata,
durante la fase dell’eccitamento, sino a contenere la stessa quantità di sangue.
Il pene ha all’interno due condotti che, riempendosi di sangue, ne determinano
l’erezione; due “tubi” analoghi sono presenti anche nella donna, sebbene
siano collocati in due punti diversi: uno scorre ai lati della vulva, l’altro si trova al
di sopra delle sue labbra.
Le donne apprezzano, in genere, la stimolazione praticata nella zona del clitoride
esterno, vale a dire verso la parte anteriore della vulva; è il punto su cui la
maggior parte concentra la stimolazione durante la pratica autoerotica, sino
al raggiungimento dell’orgasmo. Alcune amano massaggiare direttamente il
clitoride, altre l’intera zona pubica; a qualcuna piace un approccio deciso, a qualcun’altra
un tocco più delicato. I modi per stimolarsi o farsi stimolare sono innumerevoli:
un leggero sfregamento, una serie di movimenti ritmici, la sottile vibrazione di un
dito, la carezza della lingua o della mano, e tutti possono condurre a un orgasmo
che non ha origine tanto dal punto in cui si concentra la stimolazione, quanto piuttosto
dalle profondità del corpo e dalla zona attorno all’apertura della vagina.
L’orgasmo e le piacevolissime contrazioni che lo seguono sono percepibili all’interno
della vagina e nella parte inferiore della struttura clitoridea.
Che cosa accade, invece, alle donne che raggiungono l’orgasmo durante il rapporto
sessuale (un terzo circa di quelle da me intervistate)? Alcune riescono a stimolarsi,
durante la penetrazione, come nella pratica autoerotica. Esistono vari modi per farlo.
Per esempio, chi si masturba con le gambe chiuse, magari ripiegate sullo stomaco,
può facilmente riprodurre questo tipo di stimolazione mettendosi a cavalcioni del
partner e sfregando l’esterno della vagina contro il suo corpo. Un altro modo per
raggiungere l’orgasmo durante il rapporto sessuale consiste nello stimolare con la mano
(propria, o del partner) il clitoride, amplificando così l’effetto della masturbazione con quello della penetrazione vaginale. Il fatto che il mondo occidentale abbia ignorato per millenni il concetto stesso
di “stimolazione clitoridea” è prova evidente di come la nostra cultura abbia volutamente
soffocato la conoscenza dell’anatomia femminile per impedire alle donne di godere
del proprio corpo. Come può esistere, infatti, una cosa se non ha neppure un nome?
E una pratica di cui nessuno mai parla, sarà o no “legittima”?
E’ vero che nel corso del ventesimo secolo la pratica sessuale di coppia ha cominciato
ad includere anche un minimo di “riscaldamento” che preparasse la donna alla penetrazione,
ma è solo da una quindicina d’anni che le donne hanno imparato a chiedere espressamente
la stimolazione clitoridea e a considerarla parte integrante del rapporto sessuale.
I luoghi comuni sull’orgasmo femminile e il modo “giusto” per raggiungerlo possono
risultare per molte un potente mezzo di dissuasione, che impedisce loro di esplorare
appieno la sessualità o di viverla nel rispetto delle proprie esigenze.
L’orgasmo, per la maggior parte delle donne, non si verifica come si vede in molti film
o si legge in certi libri d’amore, ma dando ascolto al nostro corpo e assecondando
ritmi e tempi. Ma non dimentichiamo che la maggior parte di noi è cresciuto in ambienti
familiari dai quali l’argomento sesso (specie al femminile) era più o meno bandito, come
migliaia di donne hanno rivelato nell’ambito del Rapporto Hite sulla Famiglia.
Io vorrei invertire questa pericolosa, in fondo umiliante tendenza, e ricordare a tutte le
donne che siamo belle, che il nostro corpo è bello, e dobbiamo essere fiere dei sentimenti
e delle senzazioni che sa regalarci. Godiamone appieno, usiamolo nel modo che più ci
piace, perché appartiene solo a noi. L’orgasmo, oggi, è divenuto parte integrante della realtà
femminile, della pienezza della nostra vita. E’ qualcosa che le donne possono regalare a se
stesse oppure scegliere di condividere con il partner.
E’ parte della nostra identità. Di ciò che siamo orgogliose di essere.
La Hite…
nostra vecchia conoscenza…
Valeria Randone docet.
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In realtà, la risposta sessuale non dipende dal genere, ma dalle
condizioni di salute dei protagonisti dell’atto amoroso, dall’innamoramento, dalla presenza o meno di eventuali disfunzioni sessuali o blocchi psichici inconsci, dall’empatia e sintonia sessuale, dalla presenza o meno del desiderio sessuale.
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Tra muri invisibili costruiti con i mattoni degli stereotipi e delle falsità, la strada verso la parità tra i generi, senza passare necessariamente dall’omologazione, rimane impervia e faticosa.
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La “parità tra i generi”… sic!
Trent’anni fa leggevo roba del genere su settimanali e mensili come Noi donne, Donna moderna, Cento cose energy, Io donna,
Panorama, l’Espresso, etc…
Dunque:
1) Fase fetale.
Sviluppo del cervello: a partire da otto settimane dal concepimento, il testosterone mascolinizza il cervello maschile, poi lavora con l’ormone MIS per defemminizzarlo.
2) Infanzia.
Continua la produzione di MIS, durante questa “pausa giovanile”, bassi livelli di testosterone.
3) Pubertà.
Aumento fino a venti volte del testosterone, assieme a un aumento della vasopressina; basso livello di MIS.
4) Maturità sessuale, non sposato.
Il testosterone continua a essere alto e attiva i circuiti per la ricerca di una compagna, il sesso, la protezione, la gerarchia e la territorialità.
5) Paternità.
Durante la gravidanza della compagna e dopo la nascita del bambino, sale la prolattina, scende il testosterone.
6) Mezza età.
Calo molto graduale del testosterone.
7) “Andropausa”-
Calo graduale del testosterone: a 85 anni il livello del testosterone è meno della metà che a 20.
Ho messo le virgolette al termine andropausa, perché in realtà non esiste alcun corrispettivo maschile della menopausa.
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In sostanza il cervello degli uomini e quello delle donne sono diversi sin dall’istante del concepimento.
Pare scontato dire che tutte le cellule in un cervello maschile sono maschili.
Questo significa, in realtà, che esistono differenze a livello di ogni cellula fra il cervello maschile e quello femminile: la cellula maschile ha un cromosoma Y che quella femminile non ha.
Questo divario, piccolo ma significativo, comincia a manifestarsi precocemente nel cervello, man mano che i geni preparano la scena per una successiva accentuazione degli ormoni; entro otto settimane dal concepimento i minuscoli testicoli del feto cominciano a produrre abbastanza testosterone da impregnare il cervello e alterarne radicalmente la struttura.
Nel corso della vita il cervello maschile si formerà e ri-formerà secondo uno schema disegnato sia dai geni sia dagli ormoni sessuali.
E questa biologia del cervello produce i tipici comportamenti maschili.
Mentre nel cervello di una femmina i circuiti sono predisposti verso comportamenti tipicamente femminili da ormoni come l’estrogeno, il progesterone e l’ossitocina, in quello maschile sono testosterone, vasopressina e un ormone detto MIS (sostanza di inibizione mulleriana) a condizionare alcuni degli atteggiamenti più precoci e durevoli.
Gli effetti comportamentali degli ormoni maschili e femminili sul cervello sono importanti: si è scoperto che gli uomini usano circuiti cerebrali diversi per elaborare informazioni spaziali e risolvere problemi emotivi.
Tali circuiti, assieme al sistema nervoso, sono collegati in modo diverso ai loro muscoli, soprattutto del volto.
Il cervello maschile e quello femminile odono, vedono, “sentono” e valutano in modo peculiare i sentimenti altrui; i circuiti cerebrali sono praticamente identici in entrambi, ma uomini e donne possono arrivare agli stessi obiettivi e svolgere gli stessi compiti usando circuiti diversi.
Si sa anche che nell’ipotalamo maschile lo spazio preposto all’impulso sessuale è due volte e mezzo maggiore rispetto a quello femminile.
Gli uomini sono forniti pure di centri cerebrali più ampi dedicati all’attività muscolare e all’aggressività, nonché di processori più grandi al centro della zona più primordiale del cervello, quella che registra la paura e scatena l’aggressività protettiva: l’amigdala.
Ecco perché alcuni combatteranno fino alla morte per difendere le persone amate.