Mamma, sono insolvente: salvami

Cara mammina, me ne sto da un po’ di mesi a galleggiare al calduccio nella tua pancia. Non mi ci trovo male, fisicamente. Non mi manca nulla. Self service di alimenti selezionati, temperatura controllata. Non c’è molto spazio per giocare ma si fanno delle dormite fiabesche. Il problema è che mi sono giunte certe notizie che mi stanno rovinando l’appetito e il sonno. L’intero soggiorno.

Ho saputo che per portarmi all’età di 18 anni ti costerò nientemeno che 1.704.588 eudollari. 16.700 per farmi la spesa, 131.000 per cucinarmi i pasti, 52.600 per farmi da autista, 718.000 in quanto babysitter, 85.000 come lavandaia, 6.260 come infermiera , 98.000 come maestra, 8.300  per un’altra attività (di cui non capisco il senso) e tanti altri dollaroni per quell’infinità di cose che, a causa mia, sarai costretta a fare. Un somma di  3.300.000.000 di lire.

Calcolatrice alla mano, ho visto che non ce la farò mai, non potrò mai saldare il debito. E’ al di sopra delle mie forze, di tutte le mie capacità:  è un debito impagabile.

E pensare che non hanno contabilizzato il tempo-gravidanza,  i suoi costi diretti e indiretti e hanno lasciato fuori persino il trauma del parto con quel che ne segue.  I danni morali e psicologici, il decadimento fisico, le turbe, le depressioni. Le rinunce e i sacrifici. Il danno emergente e il lucro cessante.

Non sono ancora nato e sono già insolvente.

Ma non è giusto che i debitori se la cavino col pretesto di non poter pagare. Così ho pensato che è meglio gettare la spugna e darci un taglio. Ma ho bisogno del tuo aiuto: non so autoeliminarmi. Eliminami tu. Dentro la pancia o anche fuori. Lo psicologo ha detto ieri che non è  infanticidio, è “omicidio salvifico”. Salvami dunque, mamma.

Risparmia miliardi e mi risparmierai l’insolvenza. Dentro la pancia o fuori, scegli tu, ma fammi fuori.

Ti basta un gesto e siamo entrambi liberi: tu di quel fardello, io di questo amore.

RDV

6 Responses to Mamma, sono insolvente: salvami

  1. Silver ha detto:

    http://www.corriere.it/economia/11_marzo_07/mamme-italiane-senza-aiuti-lavora-soltanto-una-su-due-luigi-ofeddu_c745c044-488c-11e0-b2f1-0566c0fae1de.shtml
    Mamme italiane senza aiuti Lavora soltanto una su due
    Il Paese in coda all’Ue. In Olanda l’occupazione sale al secondo bimbo. In tutta la zona Euro l’occupazione femminile è scesa dello 0,6 per cento tra il 1999 e il 2009

    DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
    BRUXELLES – Perfino nell’Europa del 2011, sembra che alla condizione di donna si accompagni un danno oggettivo, un’oggettiva difficoltà di vivere. Questo dicono i dati che l’Eurostat, l’istituto incaricato di tradurre in cifre la nostra vita, ha scodellato in vista dell’8 marzo, festa mondiale delle donne: in tutti i 27 Paesi dell’Unione Europea, il tasso di occupazione femminile diminuisce con l’aumentare del numero dei figli, mentre per gli uomini accade il contrario.

    Il caso Italia
    La famiglia con i suoi carichi è dunque un fattore penalizzante per il lavoro femminile, e questo lo si sapeva da sempre. Come si sapeva che la penalizzazione si allevia, quanto più la madre può contare su asili nido o altre strutture pubbliche di assistenza: meno asili a disposizione, meno madri in grado di conservare il loro impiego. Ma è il secondo dato, quello che più colpisce: i due Paesi, su tutti, in cui alle donne fra i 25 e i 54 anni con figli è più difficile lavorare, sono Malta e l’Italia. Per confermarlo, la statistica seziona impietosamente le diverse tipologie familiari. Ecco qualche esempio al volo: donne senza figli, media Ue 75,8 per cento di occupazione; Germania 81,8, Finlandia 83,2, e via via tutti gli altri Paesi; fanalini di coda l’Italia (63,9), e Malta (56,6). Madri con un figlio: media Ue 71, 3; Francia 78; Gran Bretagna 75, Grecia 61,3, Italia 59 e Malta 45,7. Madri con 2 figli: media Ue 69,2, Belgio 77,2, Francia 78, Slovenia 89, 1, Finlandia 83,3, e così via; ultime in fondo all’elenco: Italia 54,1, e Malta, 37,4. Panorama ribadito dalla colonna dedicata alle madri con 3 figli o più: media Ue 54,7, Belgio 61, 7, Olanda 71,3; e l’Italia? Un tuffo all’in giù: in questa categoria, risulta infatti occupato solo il 41,3% delle donne (ancora una volta, superate in peggio soltanto dalle maltesi: 29,6%).

    Se poi si allarga la visione a tutta l’occupazione femminile, il quadro generale è altrettanto grigio: ovunque la donna lavora meno dell’uomo, e in tutta la zona Euro l’occupazione femminile è calata in media dello 0,6% dal 1999 al 2009, ma in Italia è calata ancor di più: -1,2%. Non solo. Esiste anche un’altra statistica, che prende in considerazione il cosiddetto tasso di inattività economica: persone che neppure cercano un’occupazione, gente al di fuori del mercato del lavoro. Nel 2009, nella Ue, erano in questa condizione 8,7 milioni di uomini e 23,4 milioni di donne, rispettivamente l’8,2% e il 22,1% del totale. Ma anche qui, grandi differenze: per le donne, il tasso di inattività era bloccato al 13% in Svezia o in Danimarca, ma balzava al 35,5% in Italia, e al 51,1% a Malta. Un altro piazzamento in coda all’Europa. Frutti avvelenati dei vecchi pregiudizi, «la donna deve pensare ai figli» e via dicendo? Non sembra: in Spagna, uno dei Paesi più tradizionalisti, si è dimezzato in 30 anni il numero di coloro che nei sondaggi ritengono giusta questa affermazione.

    Più probabilmente, concordano gli esperti di Bruxelles, la crisi iniziata nel 2008 ha colpito di più le fasce più deboli: piove sul bagnato, insomma.

    «Donne, cambiare si può»
    La Camusso sulla questione femminile

    La tendenza
    C’è anche qualche sorpresa, nella fotografia scattata dall’Eurostat: se è vero che la presenza dei figli tira ovunque verso il basso gli indici dell’occupazione femminile, in alcune nazioni – Olanda, Finlandia, Ungheria – la tendenza sembra invertirsi quando al primo figlio ne segue un secondo, o un terzo; l’ipotesi è che la giovane madre, dopo il primo anno di crisi, riesca a riassestarsi forse anche con l’aiuto di nonne o di zie, e superi poi il secondo parto molto più pronta ad affrontare gli stress del ritorno al lavoro. Ma vi sono anche nazioni, come il Belgio o la Slovenia – note per i buoni e numerosi asili nido – dove il tasso di occupazione femminile resta invariato anche con uno o due bambini in casa, e comincia a calare soltanto dopo il terzo figlio.

    Quanto agli uomini con famiglia, il loro è un percorso esattamente contrario: più sono i figli a carico (almeno fino a due), più cresce il tasso di occupazione. Gli esperti non offrono in questo caso una spiegazione, si limitano ad allineare le cifre: uomo con un figlio, media Ue 87,4% (Italia 88%); uomo con due figli, media Ue 90,6 (Italia 91,1); uomo con tre o più figli, media Ue 85,4 (Italia 87,7). Ancora una volta l’Europa declinata al maschile sembra offrire una vita più facile, o meno faticosa.

    Luigi Offeddu
    07 marzo 2011

  2. Silver ha detto:

    Fai clic per accedere a 19f05a0dd7abefa4373d5bcdd4027e97.pdf

    “MA IL LAVORO GRATIS E’ TUTTO LORO”
    Uno studio dell’Ocse:”Anche se emancipate faticano due ore più dei mariti”.

  3. Fabio ha detto:

    Fabio magari ci si sposa anche per avere dei figli. Non credo che la voglia di riprodursi sia una cosa da prendere sottogamba, eh! (Peppe)
    **************
    In base alla mia personale esperienza, oltre a basarmi sul quel che leggo e sento dire in giro, mi pare proprio che nel nostro odierno contesto sociale, la grande maggioranza degli uomini si sposi per ragioni che hanno poco a che vedere col desiderio di riprodursi.

  4. Peppe ha detto:

    Fabio magari ci si sposa anche per avere dei figli. Non credo che la voglia di riprodursi sia una cosa da prendere sottogamba, eh!

    In ogni caso la “insolvenza” del bambino è del tutto illogica perché un figlio viene generato con la volontà dei genitori e non con la sua. Un “servizio” lo si paga perché richiesto non se viene “imposto” e l’esistenza è una cosa che ci viene imposta. Quindi i genitori non rendono il servizio al figlio allevandolo ma a se stessi.
    Inoltre i minori sono incapaci di intendere e di volere e per questo non si può accollare loro alcunché.

    Attenzione che con questo non intendo asserire che la vita faccia schifo, che non vale la pena venire la mondo e roba del genere. La mia è solo una considerazione che trascende la bellezza della vita.

  5. Fabio ha detto:

    Provo un profondo senso di schifo in tutto ciò.
    Mi chiedo come facciano ancora, nella sola Italia, a sposarsi ogni anno almeno 250.000 uomini.
    Inconsapevolezza? Dabbenaggine? Conformismo? Paura di restare soli? Cosa?

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